Il termovalorizzatore è un impianto per lo smaltimento di rifiuti solidi che utilizza l’incenerimento e sfrutta il calore sprigionato dalla combustione per produrre energia elettrica: grazie al calore della combustione si generare vapore che muove delle turbine che producono a loro volta energia elettrica.
Esempio di eccellenza è il termovalorizzatore di Vienna, uno straordinario impianto di smaltimento dei rifiuti nel pieno centro della città diventato meta dei turisti.
Nel 1987 in seguito a un incendio che distrusse gran parte del vecchio impianto, l’allora sindaco Walter Zilk affidò a Friedrich Hundertwasser, noto architetto viennese, la realizzazione del nuovo impianto. Venne fuori una struttura colorata, interrotta da miriadi di finestre, ognuna divisa dall’altra da cespugli e alberi che si arrampicano sulla facciata dell’impianto. Oltre all’incenerimento dei rifiuti, il termovalorizzatore di Spittelau provvede al riscaldamento di oltre un terzo delle case viennesi e produce aria condizionata nei mesi estivi. I fumi sono depurati da moderni impianti di filtraggio per la rimozione di polveri sottili, metalli pesanti e acidi inquinanti e le ceneri di scarto vengono vendute alle industrie del cemento.
L’impianto desta particolare interesse proprio in rapporto al suo inserimento nel cuore della città. La sua ubicazione denota un atteggiamento di fiducia dei cittadini nei confronti delle politiche di gestione dei servizi e dell’ambiente. Anche la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione può essere visto dalla cittadinanza come una risorsa e non come una minaccia per la propria salute.
Qual è la differenza tra termovalorizzatore e inceneritore?
Inceneritori e termovalorizzatori non sono la stessa cosa. I primi sono impianti che bruciano i rifiuti e basta, mentre i secondi sono impianti che bruciano i rifiuti per produrre energia. Gli inceneritori sono impianti
vecchi, che oggi non si costruiscono più: gli si preferiscono i termovalorizzatori, che permettono non solo di distruggere i rifiuti, ma anche di produrre elettricità. In Italia gli «inceneritori senza recupero energetico» sono pochi e soprattutto al sud: i principali sono a San Vittore (Frosinone), Colleferro (Roma), Gioia Tauro (Reggio Calabria), Capoterra (Cagliari), Melfi (Potenza), Statte (Taranto).
Secondo l’Ispra gli impianti che bruciano rifiuti in Italia sono 41, e per la maggior parte sono termovalorizzatori collocati al Nord. Le strutture maggiori che producono energia sono quelle di Torino, Milano Brescia e Parma. Inceneritori e termovalorizzatori bruciano lo stesso tipo di rifiuti, quelli solidi urbani (piccoli imballaggi, carta sporca e stoviglie di plastica, ad esempio) e quelli speciali (derivanti da attività produttive di industrie e aziende).
Per legge la temperatura di combustione deve essere sopra gli 850 gradi, per evitare la formazione di diossine. Se la temperatura scende, si attivano bruciatori a metano. Rispetto agli inceneritori, i termovalorizzatori hanno in più radiatori dove l’acqua viene portata ad ebollizione, turbine azionate dal vapore e alternatori mossi dalle turbine che producono energia. Gli impianti più moderni distribuiscono anche acqua calda per i termosifoni delle case.
Anche se l’impatto zero non esiste, come evidenziato da studi del Cnr e dell’Ispra, questi impianti sostanzialmente sono non inquinanti, ma hanno il problema degli scarti, in particolare ceneri e fumi. Per sopperire a questa complicazione, i moderni termovalorizzatori hanno 4 livelli di filtraggio per i fumi e sistemi di trattamento e riciclo delle ceneri molto avanzati. Anche per questo tutte le analisi epidemiologiche recenti condotte intorno agli impianti moderni non hanno evidenziato un aumento di patologie. Nel paesi del Nord Europa i termovalorizzatori sorgono in mezzo alle città. La combustione tuttavia produce CO2 e contribuisce all’effetto serra.
Il termovalorizzatore di Copenhagen ha due caldaie a grata, due linee di depurazione fumi a umido con condensazione del vapore acqueo e una turbina. La configurazione scelta garantisce il massimo recupero di energia elettrica e termica, sopportando variazioni consistenti nella composizione del rifiuto conferito. Inoltre, il sistema di condensazione del vapore dei fumi in due step permette di recuperare il calore di condensazione, incrementando di circa 20 punti percentuali il recupero di energia, da cui un rendimento complessivo di 107%: il primo passaggio raffredda i gas , recuperando 10 MW di calore per ciascuna linea, mentre nel secondo una pompa di calore ad assorbimento ne abbassa la temperatura fino a 20-30°C, aggiungendo altri 15 MW per caldaia. L’elevato grado di flessibilità è garantita dalla connessione a due distretti della rete di teleriscaldamento di Copenhagen e mediante un by-pass totale alla turbina.
Claudio Bruno e Alberto Scaglione